Oggi, 29 ottobre, si celebra il 93esimo anniversario della nascita del grande pensatore russo e sovietico Aleksandr Zinov'ev. La sua eredità intellettuale è gigantesca per la sua importanza culturale. Nei suoi lavori Zinov'ev ci mostra un quadro duro e molto preciso del moderno mondo degli esseri umani.

In questo senso, per la prima volta dopo Marx, Zinov'ev ci propone un'effettiva sociologia (cioè una descrizione dell'assetto socio-politico e socio-economico) del mondo attuale. Le opere di Zinov'ev superano di gran lunga tutte quelle degli umanisti occidentali contemporanei per la capacità di cogliere il senso del processo storico e la sua problematica tuttora valida.

Appoggiandosi ai metodi di strutturazione cognitiva ideati da Zinov'ev, possiamo avere una visione reale di "ciò che è". Per andare oltre ci è poi indispensabile ottenere un quadro di "ciò che dovrebbe essere".

La filosofia autentica è tenuta a fornire una risposta a questa domanda. La scuola filosofica russa, fondata da Zinov'ev e dai suoi colleghi nella Facoltà di Filosofia dell'Università statale di Mosca nel 1952, dispone di tutto quanto è necessario affinché sulla base dei suoi lavori venga formulata una nuova filosofia russa postmarxista.

Senza il contributo intellettuale di Zinov'ev una tale filosofia sarebbe stata semplicemente impossibile. È quel patrimonio di pensiero su cui possiamo contare e su cui possiamo fare perno mentre siamo di fronte alla sfide del XXI secolo.

Martedì 27 ottobre presso il MIA "Rossiya Segodnya" si sono tenute le tradizionali letture zinovieviane, già alla sesta edizione, sul tema "Aleksandr Zinov'ev e le ideologie moderne".

Le Letture si sono rivelate notevoli non solo per lo status elevato sociale di molti dei partecipanti, ma anche soprattutto per merito della profondità e della ricchezza di contenuti dei dibattiti che si sono svolti. Le principali tematiche di lavoro esaminate nelle trattazioni sono state "Il mondo moderno e la lotta tra le ideologie", "L'ideologia della globalizzazione e le possibili alternative", "Zinov'ev: ideologia del futuro".

L'allestimento di un dibattito su un concetto filosofio e un istituto socio-culturale come "l'ideologia" non è stato assolutamente casuale. Durante la cosiddetta Perestrojka, dalla fine degli anni '80 e durante praticamente gli interi anni '90 del secolo scorso, l'ideologia è stata trasformata quasi in un elemento di criminosità che garantisce il funzionamento dei regimi totalitari. Si riteneva al tempo stesso che in qualche modo nelle società "libere e democratiche" non vi sussistesse alcuna ideologia e che questo fosse il segno più rilevante della loro libertà.

Nel corso delle discussioni alle Letture, pressocché tutti i partecipanti erano concordi nell'affermare, come faceva lo stesso Zinov'ev, che rigettare e umiliare l'ideologia rappresenta un grande imbroglio, con l'aiuto del quale viene effettuata una manipolazione ideologica occulta, da dietro le quinte, o come dicono i filosofi, non riflessiva.

L'ideologia sussiste sempre. Senza di essa l'uomo non potrebbe esistere come entità sociale, non potrebbe compiere alcun atto sociale. L'ideologia spesso è invisibile, è come l'aria, ma c'è sempre. Ed è bene che l'uomo moderno lo sappia. Infatti la consapevolezza che si ha sempre un'ideologia permette di porsi le conseguenti domande molto importanti per l'uomo: in cosa consiste la mia ideologia, da dove l'ho presa, è fatta di saperi o di credenze, e in particolare che cosa la distingue dalle altre? Vi è ancora una molteplicità di questioni più o meno di tale livello, le quali sole permettono alle persone di vivere e di agire ponderatamente e consapevolmente. Questo è ciò di cui si è dibattuto in primo luogo alle Letture.

In secondo luogo, le questioni hanno riguardato quale debba essere l'ideologia necessaria per noi; inizialmente non per il suo contenuto, ma per le esigenze di tipo formale. Nel corso dei confronti si è riusciti a distingure tra le ideologie basate su tipi diversi di credenze sociali (strutturate dogmaticamente) e le ideologie fondate su conoscenze sociali scientifiche, cioè quelle che si possono dimostrare o confutare nella pratica storico-culturale.

Qualche parola sulla scienza e il metodo scientifico del ragionamento. Alle fondamenta del metodo scientifico vi è l'ipotesi, cioè la congettura di partenza o il presupposto e l'esperimento che deve o smentire o confermare l'ipotesi. Ne consegue che per la scienza non vi sono esperimenti falliti, perché sia la dimostrazione dell'ipotesi che la sua confutazione ci elargiscono in egual misura nuove conoscenze sull'oggetto in esame. Ottenendo nuovi dati (siano essi positivi o negativi) possiamo spingerci in avanti: non esiste nessun'altra maniera per ricevere conoscenze effettive all'interno dell'armamentario delle metodiche di pensiero dell'umanità moderna. È così che funziona il metodo scientifico nell'ambito delle scienze che studiano la natura.

Lo aveva già capito Karl Marx, che trasferì il metodo scientifico dalla sfera delle scienze naturali e convenzionali a quella sociale, al mondo del pensiero e delle attività umane.

Egli prospettò l'ipotesi del comunismo, e noi in Russia conducemmo un enorme esperimento sociale riguardante tale ipotesi. Secondo la valutazione di Aleksandr Zinov'ev, noi costruimmo un "comunismo reale" anche da un punto di vista scientifico, senza in alcun modo giudicare volutamente il suo successo o il suo fallimento.

L'esperimento avvenne, e il nostro compito autentico è di estrarre delle conoscenze da esso: se riusciremo a fare ciò, otterremo una vera e propria risorsa per un nuovo progetto sociale, per il prossimo passo dell'evoluzione, passo che sarà anche in anticipo sui tempi.

Se invece non possiamo, se non ci riusciamo, allora significherà semplicemente che non vi sarà per noi questa evoluzione e usciremo dalla Storia. Nel XX secolo coinvolgemmo in questo esperimento una metà del mondo, e costringemmo l'altra metà a trovare la sua identità e a svilupparsi tenendo conto anche della concorrenza di questo nostro esperimento: esso aveva un rilievo che possiamo definire planetario, senza esagerare.

Il riferimento di quasi tutti i partecipanti delle Letture al progetto sovietico e alla sua contrapposizione col progetto americano non è legato alla nostalgia del passato, ma è un tentativo di accedere alle conoscenze che ci può dare quell'esperimento, a patto di voler ragionare in modo scientifico sul nostro universo umano.

Aleksandr Zinov'ev affermava che nel XX secolo la storia dell'Uomo aveva perso del tutto o quasi del tutto la sua origine naturale ed era divenuta artificiale. Diceva anche che l'umanità era entrata nell'epoca della "storia pianificata". Pianificare e progettare è possibile soltanto sulla base della conoscenza. Le credenze dogmatiche, utilizzate come fondamenta del progetto (che sia fede nel comunismo o nella democrazia liberale), si sono rivelate insufficienti a livello storico, e ciò è già stato dimostrato nel corso del nostro esperimento.

La tesi sulla "storia pianificata" è importante in linea di principio, perché da essa consegue che quelle entità macrosociali organizzate, come le nazioni e gli Stati politici, che rifiutano un esperimento su di sé, non potranno semplicemente continuare a esistere nella grande Storia dell'umanità: esse saranno assolutamente non competitive nel mondo della "storia pianificata".

La progettazione e l'ingegneria sociale, ovvero la grande sperimentazione sociale, è il modo più moderno e per adesso l'unico modo che conosciamo per continuare a esistere nell'era della storia programmata.

Si può e si deve fare ancora un'altra affermazione, basandosi sull'eredità intellettuale di Aleksandr Zinov'ev: quelle nazioni, comunità statali o civiltà che per prime costruiranno uno schema di conoscenza sociale scientifica (una reale scienza umanistica) e lo sperimenteranno su di sé, otterrano risorse di una portata anticipatrice di sviluppo analoga a quella che le scienze naturali e ingegneristiche ebbero per la civiltà dell'Europa Occidentale 400-500 anni orsono.

 

P.S.
Alle Letture sono venuti molti ospiti stranieri interessanti, ma mi è sembrato particolarmente notevole ciò che ha detto sui russi Ajay Goyal (India). Riporto le sue parole il più fedelmente possibile: Noi in India comprendiamo molto bene che i russi sono una nazione di guerrieri. Guerrieri non nel senso che combattono tutto il tempo, ma perché il vero (autentico) guerriero è quello pronto a dare la vita per i suoi ideali. Mi sembra che ciò sia fondamentalmente importante per la comprensione del vero significato dell'ideologia nella vita dell'uomo e in particolare del nostro uomo russo.